Empowerment il potere in una parola

 In Work - Formazione e Coaching

Un punto su cui spesso capita di confrontarsi fra colleghi è l’ampio uso improprio dei nuovi termini entrati nelle organizzazioni e nella vita quotidiana. Parole o concetti come empatia, assertività, efficienza, efficacia, sinergia (abusati fino alla nausea, va detto) provenienti da ambiti specifici perdono il loro significato assumendone altri di libera invenzione (l’empatico diventa colui con un buon carattere, l’assertivo il diplomatico e così via). Il destino degli anglicismi in tal senso è ancora più funesto. Teamworking, fuori e dentro le aziende, viene usato con una buona dose di approssimazione per indicare persone che “lavorano insieme” pur essendo qualcosa che va ben oltre. Questo crea confusione, disordine, difficoltà nella comunicazione e una schiera di aspiranti candidati che riempiono il curriculum di skylls difficili, in sede di colloquio, da argomentare.

Entrando nel merito è interessante iniziare la carrellata che mi propongo di affrontare pian piano con un termine che neanche Google Translate riesce a tradurre: empowerment. Espressione viva entrata con vigore nel linguaggio comune delle organizzazioni, della politica e della vita di comunità.

Ma cosa significa con precisione?

Empowerment letteralmente richiama ad un aumento o ad una condivisione di potere.

Aumento o condivisione? Entrambi a seconda dei casi.

Con il termine empowerment  viene indicato un processo di crescita, sia dell’individuo sia del gruppo, basato sull’incremento della stima di sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l’individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale. Questo processo porta ad un rovesciamento della percezione dei propri limiti in vista del raggiungimento di risultati superiori alle proprie aspettative.

Più semplicemente vuol dire investire nelle persone, sia come individui che come professionisti, per farle crescere utilizzando tecniche e strategie di sviluppo diverse a seconda del settore, credere in loro e supportarle nella scoperta delle risorse naturali presenti in ognuno. Individuare il potenziale inespresso e portarlo ad essere l’elemento strategico nello sviluppo del sé e della realtà in cui operano. In questo senso dunque empowerment significa un aumento del potere del singolo su se stesso, sulle relazioni e sui contesti in cui si trova ad agire. Gli individui (nelle organizzazioni o nelle comunità) acquisiscono così competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita (Zimmerman M.A., 2000).

Il concetto, diffuso inizialmente nell’ambito psicologico — per facilitare i processi riabilitativi e per diminuire la dipendenza dalla figura del professionista curante — viene usato oggi in molti ambiti (terapeutico, sociale, medico, artistico etc) con alcune differenze ma un elemento costante: la partecipazione e la responsabilizzazione di tutti i soggetti, a maggior ragione i più deboli, svantaggiati o collocati ad un livello inferiore della scala gerarchica.

Nell’ambito organizzativo e del management, riprendendo la definizione di Richard L.Daft, empowerment significa responsabilizzazione, condivisione e delega di potere o autorità ai subordinati all’interno dell’organizzazione. Condividere il potere aumentando quello dei dipendenti è un’azione strettamente legata alla responsabilizzazione di quest’ultimi con un innalzamento generale del morale, della motivazione e una forte diminuzione dei conflitti.  Sentirsi parte attiva dei processi decisionali e creativi stimola e gratifica.

Secondo Daft la responsabilizzazione può essere realizzata unicamente dotando i dipendenti di tre elementi fondamentali:

  1. LE INFORMAZIONI: i dipendenti devono poter accedere a qualsiasi informazione finanziaria e operativa.
  2. LE CONOSCENZE E LE ABILITA’: i dipendenti devono essere continuamente formati per accrescere le loro conoscenze e abilità.
  3. POTERE: i dipendenti responsabilizzati devono avere l’autorità di influenzare direttamente le procedure di lavoro e le performance organizzativa.

È naturale che il livello di responsabilizzazione desiderato varia a seconda dell’organizzazione. In alcune aziende consiste solo nell’incoraggiare le idee dei dipendenti mentre il management detiene l’autorità finale, in altre la responsabilizzazione è spinta ai massimi livelli. È quest’ultimo il caso della Morning Star, la più grande azienda specializzata nella lavorazione di pomodori in cui è presente una forte forma di autogestione dei dipendenti.

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